Nelle ultime settimane alcune affermazioni dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate hanno spaventato i possessori di criptovalute. Da quanto si è letto sembra che le criptovalute, per quanto riguarda la dichiarazione dei redditi, debbano essere assimilate alle valute straniere. In effetti però questa situazione sarebbe contraria ad alcune direttive della comunità Europea; per altro molti italiani hanno acquistato bitcoin, o altre criptovalute, in Italia e non le conservano su un conto estero, quindi non le si potrebbe assimilare a una valuta estera.
La tassazione dei beni finanziari
In Italia i beni finanziari non subiscono una tassazione; se consideriamo ad esempio i titoli azionari chi ne possiede non deve indicarli nella propria dichiarazione dei redditi annuale. Ciò che viene tassato è invece la rendita derivata dalla vendita di tali beni, cosa che avviene in genere nel momento stesso in cui si perfeziona la transazione. Quindi è il guadagno che se ne ottiene ad essere tassato, non il semplice possesso di un titolo. Allo stesso modo avviene per molti altri beni; se consideriamo il singolo privato cittadino egli non deve pagare le tasse su un quadro di valore, o sui gioielli che tiene in cassaforte. Anche in questi casi il pagamento avviene solo se tali beni vengono venduti, anche se la transazione avviene tra privati cittadini.
L’unicità delle criptovalute
Sembra che l’Agenzia delle Entrate stia cercando di colmare un vuoto legislativo, cosa che però non si può fare utilizzando una sorta di “buon senso”. In questo ambito infatti esistono delle leggi, che vanno seguite alla lettera. Visto che le criptovalute non sono monete estere, non è possibile assimilarle a tali beni, se non dopo che una legge abbia espresso questo tipo di necessità. Quindi nella realtà non è ancora chiaro se le criptovalute debbano essere inserite nella dichiarazione dei redditi. Sicuramente rientra in tale dichiarazione l’eventuale guadagno ottenuto dalla vendita delle criptovalute. Del resto ogni investitore segue le quotazioni criptovalute, in modo da rivendere tutte quelle che possiede quanto sa di ottenere un buon guadagno. Tale entrata sarà da considerare una rendita finanziaria, alla stregua di quella ottenuta dalla vendita di un titolo azionario.
Il futuro delle criptovalute
Le affermazioni dell’Agenzia delle Entrate hanno comunque fatto preoccupare i mercati. L’eventualità di dover dichiarare il possesso di criptovalute è infatti un elemento che potrebbe, in futuro, frenare l’aumento delle quotazioni di tutte le monete elettroniche. Già oggi le aziende che vengono pagate in bitcoin, o in altra criptovaluta, devono dichiarare tale pagamento come reddito d’impresa, ma questa in teoria è la normale prassi. Stiamo parlando di una situazione ben diversa rispetto alla realtà del singolo privato cittadino. Purtroppo questo tipo di prese di posizione possono rendere complicata la situazione di questo mercato, già oggi abbastanza fragile. Il futuro delle criptovalute è infatti correlato anche all’atteggiamento dei singoli governi, che in molti casi ad oggi non si sono ancora pronunciati in merito. In molte Nazioni infatti non esiste una legislazione specifica che riguardi le criptovalute, che spesso vengono assimilate ad altri beni, con cui però potrebbero non avere nulla in comune.